MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELL’ACQUA A BENEFICIO DELL’AGRICOLTURA: IL MODELLO REPHYT VINCE LA SFIDA GRAZIE ALLA FITODEPURAZIONE
La fitodepurazione di bonifica migliora la qualità della risorsa idrica e riduce i potenziali carichi inquinanti fino all'80% dei nutrienti e fino al 50% dei pesticidi e fitofarmaci: a confermarlo è lo studio di CER e UNIBO grazie al PSR della Regione ER. Presentati a Faenza i risultati
Un altro significativo passo avanti nella sfida di una irrigazione che sia sempre più sostenibile è stato compiuto dal CER, il Canale Emiliano-Romagnolo, grazie ad un modello esportabile di fitodepurazione per il miglioramento della qualità dell’acqua a beneficio delle colture; presentato oggi, presso la Palazzina Direzionale di Caviro, a Faenza (Ra), all’interno del convegno “Fitodepurazione e riuso: strumenti per la qualità delle acque di superficie del reticolo idraulico di bonifica”, organizzato dal CER-Canale Emiliano-Romagnolo in collaborazione con Caviro, a conclusione del progetto “Rephyt-Fitodepurazione e riuso per la riduzione dei nutrienti e fitofarmaci nelle acque di superficie del reticolo di bonifica”, finanziato nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 e di cui il CER è capoprogetto e l’Università di Bologna responsabile scientifico.
Il progetto Rephyt (acronimo di Riuso e Fitodepurazione) punta a valorizzare le zone umide, il reticolo di bonifica, le aree golenali, i laghetti e maceri a servizio dei singoli fondi, in virtù della loro capacità di stoccaggio delle acque e riduzione dei carichi inquinanti attraverso processi di fitodepurazione. Tali aree risultano essere inoltre l’habitat naturale per la riproduzione della cimice asiatica, fattore che le rende particolarmente interessanti per implementare sistemi di lotta biologica.
I risultati di Rephyt dimostrano dunque come i sistemi di fitodepurazione aziendali e consortili siano estremamente efficaci nella riduzione dei principali inquinanti agricoli, la cui sostanziale diminuzione ottenuta è pari a -60/-80% dei nutrienti e -40/-50% di pesticidi e fitofarmaci; da rilevare come Acqua Campus, il laboratorio tecnico-scientifico del CER, nel caso di stagioni siccitose come quella appena conclusa sia riuscito, presso la zona umida realizzata a Budrio, a rimuovere fino al 100% di tutti gli inquinanti presenti nelle acque di drenaggio aziendale.
Positivi anche gli esiti ottenuti sulle potenzialità del riuso di acque reflue di origine agro-industriale provenienti dall’impianto Caviro Extra dove, ogni anno, vengono trattati ben 800 mila metri cubi d’acqua, attualmente scaricata nel depuratore, ma che potrebbe essere utilizzata per l’irrigazione: infatti dalle prove sperimentali effettuate su un vigneto a pieno campo e su colture arboree ed erbacee in vaso è risultato come le acque reflue non compromettano in alcun modo la produttività, con buone riduzioni degli apporti di fertilizzanti di sintesi e senza determinare l’accumulo di sali nel terreno.
Analizzato infine anche il ciclo riproduttivo della cimice asiatica e dei suoi antagonisti naturali per valutare il ruolo di aree umide e infrastrutture del reticolo di bonifica nel contrasto alla popolazione di questi insetti estremamente dannosi per le produzioni agricole: dai campionamenti effettuati è emerso come zone umide e infrastrutture lineari ri-naturalizzate svolgano un ruolo-chiave per la popolazione degli insetti parassitoidi della cimice asiatica, favorendone il controllo tramite metodi di lotta biologica.
Al convegno, moderato dal giornalista Andrea Gavazzoli, sono intervenuti, tra gli altri, numerosi esponenti degli enti che governano le acque, l’ambiente e l’agricoltura tra cui Nicola Dalmonte, presidente del CER: “Siamo soddisfatti degli esiti e consci che il valore delle attività di studio del CER e delle relative applicazioni sul campo, anche grazie a partner di rilievo come l’Università di Bologna e Caviro, possano rappresentare per ANBI una vantaggiosa risorsa a sostegno e miglioramento dell’agricoltura”.
E proprio il presidente di ANBI, Francesco Vincenzi, si è detto soddisfatto: “Quanto emerso oggi grazie a Rephyt conferma come sia fondamentale iniziare a trattare la questione delle acque reflue che, se affrontata, può rappresentare concretamente un’importante opportunità di integrazione per l’agricoltura dei territori alla luce di chiare, trasparenti e tangibili garanzie di salubrità”.
Le conclusioni della giornata sono state affidate a Irene Priolo, assessora all’Ambiente, Difesa del suolo e della costa, Protezione Civile della Regione Emilia-Romagna, che ha sottolineato: “Rephyt è un progetto virtuoso e positivo finanziato dalla Regione Emilia-Romagna attraverso fondi del PSR: grazie a CER e UNIBO c'è un'importante conferma che le acque reflue possono essere una vantaggiosa risorsa perché consentono una diminuzione dei prelievi dei corpi idrici superficiali e maggiori risparmi in termini economici e ambientali. Tutto questo è in linea con gli obiettivi che la Regione inserirà nel prossimo piano di tutela delle acque”.
Tra le relazioni presentate durante la giornata anche quelle di Raffaella Zucaro, direttrice generale del CER e Coordinatrice di ANBI Emilia-Romagna; di Attilio Toscano, responsabile scientifico del progetto Rephyt; e di Luca Casoli, direttore Consorzio fitosanitario Mo-Re.
Sono inoltre intervenuti: Massimo Isola, sindaco di Faenza; Fabio Baldazzi, direttore generale di Caviro Extra; Stefano Masini, responsabile nazionale Ambiente Coldiretti; Andrea Flora, direttore Confagricoltura Bologna; Stefano Calderoni, presidente CIA Emilia-Romagna – Bonifica Pianura di Ferrara; Daniela D’Agostino, CIHEAM Bari; e Carlo Dalmonte, presidente Caviro.
CANALE EMILIANO ROMAGNOLO
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